martedì 16 giugno 2009

Legacy of Dracula: The blood thirsty doll - Michio Yamamoto (1970)


Legacy of Dracula è il primo film di una trilogia che comprende Lake of Dracula e Evil of Dracula, diretti da Michio Yamamoto e prodotti dalla mitica Toho, famosa casa di produzione da noi nota per i film di Godzilla.

I tre film in realtà non sono correlati tra loro se non per il tema trattato, l'idea “della trilogia di Dracula” è nata a posteriori, su suggerimento dei produttori americani per cavalcare l’onda del cinema “Hammeriano” tanto in auge in quel periodo.
Il tema vampirico così come lo conosciamo noi con castelli diroccati, mantelli neri, fanciulle discinte in vesti svolazzanti e pipistrelli, è quì impastato con il classico Kaidan Eiga (film di fantasmi giapponesi).
Il Conte del titolo in realtà non fa la sua comparsa, abbiamo fanciulle vampire armate di pugnali, che compaiono tra le ombre come spettri, una specie di Sadako sotto anfetamine, o vampiri vestiti da sera con sciarpetta bianca in stile Fred Bongusto a Sanremo.
L'ambientazione è quella tipica: magioni vittoriane avvolte tra le nebbie - in Giappone? -, aiutanti in stile Igor, e situazioni che strizzano l’occhio al gotico nostrano quello più becero tipo Nuda per Satana di Solvay.

Il ritorno a casa di Kazuhiko Sagawa non è dei più felici, la sua ragazza Yuko è morta in un incidente stradale, ad accoglierlo solo la povera madre distrutta dal dolore. Durante la notte strane presenze popoleranno i sogni del giovane, l’anima inquieta della giovane defunta sembra non voler lasciare la casa.
Kazuhiko incredulo, visiterà la tomba della donna scoprendo un orribile segreto...

Non vado oltre per non svelare l'arcano, però una cosa è certa: il film si discosta molto dai classici vampiri da noi conosciuti, pur mantenendone alcune peculiarità, la storia sembra essere ispirata ad un racconto di Poe “Lo strano caso del signor Waldemar” più che ad una novella di vampiri classica.
Le atmosfere rarefatte, la magione tra le brume, e altre trovate sceniche sono di chiara ispirazione gotica, basta vedere l'uso delle luci ed ombre, per accorgersi come il regista abbia studiato il nostro cinema di genere, e perché no la Pop art.

Le atmosfere stregate di Oni Baba (1964), le immagini surreali di Kwaidan(1965) sono dietro l'angolo, anche se la poesia delle suddette pellicole non è minimamente intaccata da quest’opera sì interessante, ma dallo scarso valore artistico.
Gli spaventi ed i colpi di scena sono inesistenti, il sangue fa capolino nel finale (tipica scena con sangue a fontanella) e la risoluzione del plot è alquanto risibile. Nonostante ciò il film ha un suo fascino.
Ammaliante, morboso, decadente, intriso di quella malinconia tipica del cinema che fù, Legacy of Dracula si candida come variante surreale del mito occidentalizzato del vampiro.
Solo per fanatici dei succhia-sangue o del cinema exploitation, astenersi tutti quelli che storcono il naso davanti al fantasma paraplegico di Sadako.

domenica 14 giugno 2009

Le tombe dei resuscitati ciechi - Armando De Ossorio (1971)



Virginia salta giù dal treno sul quale è in viaggio con gli amici Roger e Betty (col la quale condivide un passato “amoroso” in collegio). Intrappolata in una situazione imbarazzante con i suoi compagni di viaggio, Virginia decide di passare la notte da sola in un antico borgo medievale disabitato.

La notte, svegliata da sinistri rintocchi di campana, scopre di essere asserragliata da un manipolo di mummie rinsecchite e indiavolate, pronte a bere fino all’ultima goccia il suo sangue.

La scomparsa della ragazza mette in moto le ricerche della polizia (che ad un certo punto del film sparisce). Tutto gira intorno a quello strano borgo, vittima in passato di strani riti, un sito maledetto e temuto ancora oggi dai paesani del luogo.

Roger e Betty con l’aiuto di Pedro, un mercenario, decidono di scoprire da soli cosa è successo a Virginia.


Quello che sorprende della vicenda è proprio la veridicità della suddetta, ovvero che dei cavalieri templari di ritorno dall’oriente (arricchiti da nuove esperienze) abbiano abbracciato un altro culto, fa riflettere soprattutto se si pensa che all’epoca la conoscenza delle altre religioni era limitata, probabilmente il volgo conosceva l’esistenza di divinità pagane o definite tali dalla chiesa, aliene (nel senso di estranee).

Tutto ciò che viene da fuori da sempre ci terrorizza, una religione diversa con i suoi dogmi ci può sembrare addirittura barbara, amorale e per questo negativa o addirittura maligna.

Ovvio, poi la vicenda si sposta sul versante fantastico e il nuovo culto diviene satanico, quindi in contrapposizione con le leggi della Chiesa e di Cristo. Insomma i templari in questione sono dei rinnegati, dei reietti senza più una “casa”.

Dopo la loro morte, con una divisa logora senza nessun simbolo che non siano i vermi della decomposizione, risorgono ogni notte condannati per l’eternità a nutrirsi di sangue, senza pace.


A differenza dei vampiri della tradizione (spesso auto-condannati per amore) il templare viene privato del lato romantico, è lui stesso la causa del suo male, sì eterno, ma non umano.

Se il morso del nosferatu è paragonabile ad un bacio di un amante (il suo bacio in genere provoca piacere: l’orgasmo), il morso del templare è alla stregua di una bestia affamata che dilania le carni.

Un’altra ipotesi che accomuna questa creatura ad una fiera è che si muove e caccia in branco come i lupi, il resuscitato cieco è un essere animato dal male, che perpetra il male con sadismo tipico dell’uomo e a differenza del vampiro: non può essere ucciso.

La creatura inventata da De Ossorio incarna l’essenza stessa del male, una creatura archetipo.


Lasciando queste elucubrazioni fini a se stesse e tornando all’opera, direi che De Ossorio sa come mettere in scena certe situazioni, la suspance non manca, e quando appaiono i resuscitati ciechi, il senso opprimente e morboso è ben tangibile.

I templari a cavallo sono sempre ripresi al rallenty, quasi ad enfatizzare il loro stato ultraterreno, come se si muovessero in uno spazio-tempo percepibile dai nostri sensi, ma ben separato dalla realtà che conosciamo.

Affascinante il flashback medievale con tanto di torture in stile Polselli et similia, capace anche di accontentare i fanatici del gore.

In conclusione questo primo capitolo della tetralogia è in grado di soddisfare gli amanti del gotico, dello splatter ed in generale tutti quelli che amano lasciarsi trasportare in viaggi onirici dove creature del male tornano sulla terra per ricordarci quanto siamo di passaggio.


Finale apocalittico con i cavalieri templari che si stagliano minacciosi sullo skyline di una città, secondo me non è un caso che Zombi 2 di Fulci finisca allo stesso modo.